Utenti multati per il pezzotto: merito delle indagini GdF, non di Piracy Shield

La recente operazione contro la pirateria IPTV in Italia ha portato alla multa di 2.282 utenti in 80 province, ma contrariamente a quanto sostenuto da alcune fonti, Piracy Shield non ha avuto alcun ruolo diretto in questa attività. Il merito va esclusivamente alle indagini della Guardia di Finanza, supportata da tecniche investigative classiche.
La verità sull’operazione anti-pezzotto
Le sanzioni sono scattate a seguito di un’importante indagine avviata a Lecce nel 2024, culminata con il sequestro di server utilizzati per la distribuzione illegale di contenuti audiovisivi tramite IPTV. Durante questa indagine, i finanzieri hanno identificato numerosi utenti grazie ai metodi di pagamento tracciabili usati per acquistare abbonamenti illeciti. Questi pagamenti, effettuati tramite bonifici, carte ricaricabili o wallet digitali, hanno permesso di risalire facilmente ai responsabili.
Il flusso del denaro è stato l’elemento chiave per l’identificazione. Già a febbraio 2025, i reparti territoriali della GdF hanno ricevuto elenchi dettagliati degli utenti, con tanto di dati di pagamento. Questo dimostra che il successo dell’operazione è da attribuire a un’indagine sul campo, e non a tecnologie automatizzate come Piracy Shield.

Piracy Shield non individua i singoli utenti
Piracy Shield, la piattaforma promossa da AGCOM per bloccare in tempo reale i flussi streaming pirata, ha un ruolo diverso: impedisce la visione in diretta di contenuti illeciti ma non identifica gli utenti. Non esistono, ad oggi, prove che Piracy Shield abbia permesso di individuare nemmeno un singolo spettatore tramite indirizzi IP o VPN.
Anche le dichiarazioni del Commissario AGCOM Massimiliano Capitanio, che suggeriscono la possibilità di rintracciare gli utenti tramite Piracy Shield, non trovano conferma nei fatti. Nessuna multa è stata emessa grazie a tecnologie di tracciamento in tempo reale: tutto si è basato sull’esame dei dati bancari raccolti dai server sequestrati.
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Le critiche a Piracy Shield: costi alti, risultati dubbi
Molti esperti del settore hanno sollevato dubbi sull’efficacia di Piracy Shield. Nonostante i costi elevati (oltre 2 milioni di euro l’anno), la piattaforma ha mostrato problemi di overblocking, come il caso clamoroso dell’oscuramento temporaneo di Google Drive nel 2024. Inoltre, non vi sono evidenze che il numero di abbonamenti legali a servizi come DAZN sia aumentato dopo l’introduzione della piattaforma.
Associazioni come Assoprovider hanno denunciato lo spreco di denaro pubblico e i rischi legati alla gestione automatizzata dei blocchi. Anche la CCIA (Computer & Communications Industry Association) ha espresso perplessità sul rispetto delle normative europee.

Conclusione: seguire il denaro funziona, le scorciatoie no
La repressione della pirateria funziona quando si utilizzano strumenti classici: sequestri, analisi dei pagamenti, indagini tradizionali. Le 2.282 multe sono la prova che l’approccio investigativo sul campo è ancora il più efficace. Piracy Shield, per ora, resta uno strumento marginale, più utile per bloccare temporaneamente i flussi pirata che per colpire i reali responsabili.
Chi davvero ha colpito i “furbetti del pezzotto” è la Guardia di Finanza, non un algoritmo automatizzato. E questo va sottolineato, per evitare che narrazioni fuorvianti distorcano i meriti reali e alimentino l’illusione di soluzioni miracolose. Il contrasto alla pirateria richiede competenza, metodo e rigore investigativo: tre elementi che, ancora una volta, hanno fatto la differenza.
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Vedo che avete fatto retromarcia rispetto all’articolo di ieri. Ve ne do atto e mi fa piacere che abbiate recepito le critiche.
mi sa tanto che non capisci bene un fattore molto importante: noi citiamo le fonti… SEMPRE!!!
le tue non sono critiche costruttive, ma critiche di uno che evidentemente non conosce bene Guruhitech. Stammi bene campione… e impara a leggere gli articoli come si deve!