Apple accusa Musi: “Ha finto di essere UMG per restare su App Store”

La battaglia legale tra Apple e Musi, una popolare app di streaming musicale rimossa dall’App Store, si fa sempre più aspra. Dopo mesi di silenzi, Apple ha deciso di passare al contrattacco, chiedendo sanzioni contro lo sviluppatore per aver diffuso, a suo dire, accuse false e infondate sulla vicenda.
Tutto è iniziato lo scorso settembre, quando Apple ha eliminato Musi dal suo store, lasciando milioni di utenti senza accesso all’app. Il provvedimento non ha sorpreso più di tanto: da tempo l’industria musicale bollava Musi come un’app “parassitaria”, accusandola di sfruttare contenuti senza autorizzazione.
Musi ha cercato inizialmente un accordo con Apple, ma quando i negoziati si sono interrotti, ha portato il colosso di Cupertino in tribunale. La sua accusa? Un presunto complotto segreto tra Apple e le major discografiche per farla fuori dal mercato. Secondo Musi, l’intera operazione di rimozione sarebbe stata il frutto di “conversazioni riservate” e accordi sottobanco.

La risposta di Apple è arrivata ora con una richiesta formale di sanzioni. Secondo l’azienda, nessun backchannel è mai esistito, e l’ipotesi di Musi sarebbe solo una teoria del complotto. Apple sostiene che Musi ha falsamente presentato queste accuse come basate su informazioni riservate ottenute durante la fase istruttoria, manipolando il linguaggio per dare credibilità alle proprie affermazioni.
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Ma c’è di più: Apple accusa Musi di aver impersonato un dirigente di Universal Music Group, tale Jason Miller, nel 2020, per ottenere il rientro sull’App Store dopo una precedente rimozione. I documenti condivisi mostrano email apparentemente inviate da un indirizzo legato a UMG, ma che in realtà – come poi confermato dalla stessa Universal – non apparteneva all’azienda, né tantomeno a Miller. Un episodio che, secondo Apple, dimostrerebbe un comportamento scorretto e deliberatamente ingannevole da parte dello sviluppatore.

Nonostante questa presunta frode, Musi è rimasta disponibile sull’App Store per altri tre anni, fino alla rimozione definitiva del 2023. E ora, secondo Apple, questi episodi rafforzano la richiesta di sanzioni.
Un giudice federale ha già respinto la richiesta di Musi di un reintegro provvisorio sull’App Store, ritenendo legittima l’azione di Apple alla luce delle segnalazioni ricevute. Ma il caso principale resta aperto, e la palla ora passa al tribunale, che dovrà stabilire se Musi ha davvero superato il limite e se, come sostiene Apple, merita di essere sanzionata.
Nel frattempo, Apple ha anche depositato una mozione per chiedere l’archiviazione completa del caso. La sfida legale è tutt’altro che finita, e potrebbe avere conseguenze importanti sul modo in cui vengono gestite le app “di confine” negli store digitali.
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