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Black Mirror: la fantasia distopica è già realtà?

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Abbiamo sempre guardato Black Mirror con un misto di fascino e terrore, confortati dall’idea che quelle fosche visioni fossero solo fantascienza. Ma cosa succede se lo specchio nero di Charlie Brooker inizia a riflettere il nostro presente? Sembra proprio che molte tecnologie inquietanti immaginate nella serie TV abbiano già trovato la strada fuori dallo schermo, insinuandosi nella vita reale.

Dal punteggio sociale degno di un videogioco alla resurrezione digitale dei defunti, dalla sorveglianza pervasiva ai cloni virtuali della nostra coscienza: la realtà del 2025 somiglia sempre più a un episodio di Black Mirror. In questo articolo provocatorio e ironico esploriamo sette episodi chiave della serie e le loro controparti tecnologiche oggi esistenti (o in fase di adozione). Preparatevi a rabbrividire – con un sorriso amaro – di fronte a quanto il futuro immaginato sia diventato il nostro presente.

Nosedive: benvenuti nella dittatura dei rating

Nosedive (stagione 3) ci mostrava un mondo pastello in cui ogni interazione sociale è accompagnata da un rating a cinque stelle: un TripAdvisor umano che determina privilegi o esclusioni. Ridicolo? Forse, ma realtà vuole che in Cina sistemi simili siano stati davvero introdotti. La città di Suzhou, ad esempio, ha lanciato un’app chiamata Civility Code che assegna a ogni cittadino un punteggio iniziale di 1000 punti, sottraendone o aggiungendone in base al comportamento sociale. Volontariato o infrazioni stradali? Si guadagnano bonus o penalità, proprio come Lacie Pound scopriva a proprie spese tentando di salire nella scala sociale a colpi di sorrisi forzati.

Mentre nell’episodio una festa di matrimonio va in rovina per un rating precipitato, nella vita reale c’è poco da ridere: l’idea di legare lo status sociale all’obbedienza non è più fantascienza, e ricorda inquietantemente il regime di punteggi di Nosedive. D’altronde, anche senza app governative, viviamo già nell’ansia da like: il nostro valore percepito oscilla al variare dei cuoricini su Instagram. Sognavamo la democrazia digitale, ma rischiamo la dittatura dei feedback.

Arkangel: genitori spia e sorveglianza 2.0

Chi da genitore non ha mai desiderato tenere d’occhio i figli 24/7? Arkangel (stagione 4) porta all’estremo questa tentazione: una madre impianta un chip nella figlia che le permette di vedere con i suoi occhi, tracciarla via GPS e perfino filtrare ciò che la bambina percepisce (niente sangue o scene traumatiche sul suo schermo mentale). Un incubo di sorveglianza helicopter-parenting che oggi è meno remoto di quanto crediamo. Non parliamo (ancora) di chip nel cervello dei bimbi, ma dispositivi come smartwatch e localizzatori GPS per bambini spopolano tra i genitori ansiosi.

Nel 2019 un imprenditore svizzero ha lanciato un prodotto emblematico: l’Angel Watch, uno smartwatch per under-12 che consente ai genitori di tracciare i movimenti dei figli e persino di ascoltare discretamente l’audio ambientale intorno a loro. Vi suona familiare? Il nome non sarà un caso. Certo, Arkangel spingeva il concetto oltre, mostrando i devastanti effetti psicologici di crescere sotto uno scrutinio costante. Ma mentre noi riflettevamo sui confini etici violati nell’episodio, là fuori qualcuno prendeva appunti.

L’idea che “se ami tuo figlio, spiatalo” sta attecchendo sotto forma di gadget innocenti. E ai bambini chi ci pensa? Forse un giorno troveranno il modo di “bloccare” i genitori invadenti (come avviene letteralmente in Black Mirror, quando persone indesiderate vengono offuscate dalla vista). Nel frattempo, la realtà continua a strizzare l’occhio alle distopie della serie, con buona pace della privacy.

Hang the DJ: Cupido con l’algoritmo

Se pensavate che affidare il vostro destino sentimentale a un’app fosse già abbastanza bizzarro, Hang the DJ (stagione 4) vi ha fatto ricredere. In quell’episodio una dating app futuristica simulava decine di relazioni con cloni digitali dei due protagonisti, per capire se fossero compatibili: 998 versioni di Amy e Frank su 1000 si ribellavano al sistema pur di stare insieme, segno che nella realtà “vera” sarebbero anime gemelle. Romantico e inquietante allo stesso tempo.

E oggi? Non siamo (ancora) arrivati a ricrearci in versione ologramma per provarci con tutti i potenziali partner, ma ci stiamo avvicinando. Nel 2024 la fondatrice di Bumble, Whitney Wolfe Herd, ha annunciato l’arrivo di un “AI dating concierge” – in pratica un assistente artificiale che potrebbe “andare ad appuntamenti al posto tuo” interagendo con gli AI concierge di altri utenti, per poi selezionare i tre candidati migliori da presentarti. Sì, avete capito bene: lasciamo che siano le nostre intelligenze artificiali a flirtare tra loro mentre noi ci risparmiamo serate imbarazzanti. Sembra uscito direttamente dal copione di Hang the DJ, e infatti l’idea ha subito fatto drizzare le antenne ai fan della serie.

Del resto, negli ultimi anni gli algoritmi già governano il matchmaking online; il passo successivo è lasciarli vivere le relazioni al posto nostro (così possiamo dedicarci ad altre attività, tipo guardare Black Mirror da soli sul divano). Ironico, vero? Cupido 2.0 potrebbe essere un server cloud e la frase “la mia metà digitale” acquisire tutt’altro significato.

Be Right Back: lutto 2.0 e cloni digitali affettivi

La perdita di una persona cara è definitiva… o forse no? Be Right Back (stagione 2) ci ha regalato uno degli spunti più agrodolci: una giovane donna, Martha, disperata per la morte del compagno, ricorre a un servizio che ricrea un clone digitale di lui. Prima chat testuale, poi voce sintetica al telefono, infine un androide fisico indistinguibile dall’originale – almeno esteriormente.

L’episodio affronta in modo toccante il tema del lutto nell’era dell’intelligenza artificiale, lasciandoci con la pelle d’oca all’idea di un surrogato così realistico da diventare inquietante. Ma chi l’avrebbe detto che nel giro di pochi anni qualcuno ci avrebbe provato davvero? E invece eccoci qui: Eugenia Kuyda, imprenditrice tecnologica, dopo aver perso tragicamente un amico ha preso la sua cronologia di messaggi e l’ha usata per “ricostruirlo” sotto forma di chatbot. Vi ricorda qualcosa? È praticamente la trama di Be Right Back, ma senza mansarda e robot in carne e ossa.

Quel prototipo personale si è evoluto in Replika, un’app di intelligenza artificiale conversazionale dove chiunque può crearsi un amico virtuale (o un clone di sé stesso, volendo). Certo, Kuyda stessa ha ammesso che Replika non sostituisce una persona reale, ma intanto migliaia di utenti ci chiacchierano ogni giorno, spesso per combattere solitudine e depressione. E non finisce qui: nel 2022 Amazon ha presentato un aggiornamento di Alexa capace di imitare la voce di chiunque – basterebbe un minuto di registrazione audio per permettere all’assistente di parlare con la voce di tua nonna defunta, ad esempio. L’idea è stata immediatamente bollata come “un’idea pessima” in perfetto stile Black Mirror.

Chissà perché. Forse perché ci costringe a chiederci: siamo pronti ad appendere in soffitta le nostre persone sintetiche quando la somiglianza diventa troppo inquietante? Il confine tra elaborazione del lutto e fantasma digitale è sottile e spaventoso. E intanto, là fuori, qualcuno sta già costruendo l’Ash (o la Martha) artificiale di domani.

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The Entire History of You: ricordi in HD (e sorveglianza personale)

Immaginate di avere un impianto nel cervello che registra tutto ciò che vedete e ascoltate, permettendovi di rivedere ogni momento della vostra vita come un filmato. Fantascienza? The Entire History of You (stagione 1) l’aveva messa in scena nel 2011, mostrandoci il grain, un chip dietro l’orecchio con cui Liam rivede ossessivamente le interazioni con la moglie fino a rovinare il matrimonio.

Un dispositivo del genere solleva più problemi di quanti ne risolva: gelosie amplificate, privacy inesistente (chiunque può chiederti di proiettare i tuoi ricordi su uno schermo) e traumi che non sbiadiscono mai. Eppure, anche questa tecnologia sta uscendo dallo schermo: i Brain-Computer Interface (BCI) sono già tra noi. Elon Musk finanzia Neuralink, una startup che sviluppa impianti cerebrali in grado di leggere e trasmettere segnali neurali. All’inizio del 2025 Musk ha annunciato il terzo impianto Neuralink inserito con successo in un paziente umano. Significa che, in linea teorica, stiamo gettando le basi per registrare ciò che accade nel cervello o far comunicare la mente con dispositivi esterni.

Non solo: in Giappone e negli Stati Uniti vari ricercatori sperimentano interfacce neurali per far riacquistare la vista ai ciechi o il movimento ai paralizzati. Siamo ancora lontani dal “riavvolgere” i ricordi a piacimento, ma i primi passi verso l’integrazione uomo-macchina sono compiuti. E non finisce qui: nel 2023 un team di scienziati ha addestrato un’IA a leggere immagini nel cervello, ricostruendo ciò che i volontari stavano guardando – ad esempio, dopo aver visto la foto di un orologio, l’IA è riuscita a disegnarne uno abbastanza simile basandosi solo sulle scansioni cerebrali.

Certo, per ora serve una risonanza magnetica e un supercomputer, non un gingillo impiantato dietro l’orecchio. Ma lo scenario di The Entire History of You non è più così impossibile. Resta da chiedersi se ricordare tutto sia davvero una buona idea: a volte la capacità di dimenticare è un dono, come scopriva tragicamente il protagonista dell’episodio. Nel mondo reale, invece, sembriamo lanciati verso memorie indelebili e archivi digitali della mente – con buona pace dei nostri rimpianti (che potremo rivedere in 4K a volontà).

Metalhead: robot canini e apocalissi meccaniche

Un incubo in bianco e nero: in Metalhead (stagione 4) una donna braccata da un implacabile cane robot assassino cerca inutilmente di sfuggirgli in un mondo post-apocalittico. Episodio atipico e quasi privo di dialoghi, sembrava una paura lontana – dopotutto, robot e droni militari non erano già una realtà nel 2017? Sì, ma la somiglianza visiva tra il robo-cane di Metalhead e alcuni prototipi reali è a dir poco inquietante.

Quando l’episodio uscì, molti notarono la somiglianza con i quadrupedi robotici di Boston Dynamics. E infatti, nel giro di pochi anni, quei “cagnolini” a quattro zampe chiamati Spot sono passati dalle demo virali su YouTube alle prime applicazioni sul campo: li abbiamo visti pattugliare parchi a Singapore, assistere la polizia di New York (con tanto di polemiche e ritiro frettoloso), e persino essere equipaggiati con armi. Nel 2022 la US Space Force ha annunciato di aver arruolato nuovi guardiani: robot quadrupedi prodotti dalla Ghost Robotics, in grado di pattugliare basi missilistiche e, se necessario, portare in groppa un fucile di precisione.

Uno di questi modelli, soprannominato CHAPPIE, può perfino rilevare sostanze chimiche e radioattive, il tutto correndo a quattro zampe come un bravo cagnolone meccanico. “Il miglior amico dell’uomo”, dicevamo… già, finché resta dalla nostra parte. Ma Metalhead ci suggerisce un futuro in cui questi automi instancabili potrebbero rivoltarsi o essere usati contro di noi. E non parliamo solo di cani: un altro episodio, Hated in the Nation (stagione 3), ipotizzava sciami di api-drone autonome usate prima per impollinare (compensando l’estinzione delle api vere) e poi trasformate in armi micidiali da un hacker vendicativo. Anche qui la realtà bussa alla porta: alla Harvard University esiste un progetto RoboBee che già dal 2013 lavora a mini-droni volanti grandi come insetti, capaci di librarsi in aria e muoversi in sciame.

Per ora sono collegati a un filo per l’alimentazione e non stanno assassinando nessuno, ma il progresso è costante. Tra qualche anno, micro-droni capaci di coordinarsi in sciami potrebbero trovare applicazioni utili… o belliche. Insomma, stiamo costruendo sia i terminator a quattro zampe sia gli insetti robotici di Black Mirror. Cosa potrebbe mai andare storto?

San Junipero: l’utopia virtuale dell’aldilà

Non tutte le previsioni di Black Mirror sono tetre allo stesso modo. San Junipero (stagione 3) è ricordato come uno degli episodi più positivi (e strappalacrime) della serie: due giovani donne si innamorano in una realtà simulata anni ’80, che si rivela essere un paradiso digitale dove le coscienze degli anziani possono “ritirarsi” per vivere per sempre, oltre i limiti del corpo fisico.

Una sorta di aldilà virtuale creato dall’uomo. Utopico, commovente… e ancora fuori dalla nostra portata tecnologica, almeno per ora. Caricare la mente su un computer e vivere in eterno nel cloud rimane un sogno (o incubo) lontano. Ma ciò non significa che non ci stiamo provando. Il fiorente settore del cosiddetto DeathTech sta esplorando modi per prolungare la presenza digitale delle persone care dopo la morte. La startup ceca Somnium Space, ad esempio, sta sviluppando una funzione chiamata suggestivamente “Live Forever Mode”: combinando realtà virtuale e intelligenza artificiale, punta a creare avatar che replicano movenze, voce e personalità dei nostri cari defunti, così che i posteri possano “incontrarli” e interagirci in VR.

Meno fantascientifico ma già reale è l’uso della realtà virtuale nelle case di riposo, dove ricreare ambientazioni del passato aiuta gli anziani a stimolare la memoria e sentirsi di nuovo “a casa”. Insomma, mentre la scienza non sa ancora caricare un’anima su un server, c’è chi registra quantità industriali di dati personali (foto, video, registrazioni vocali) sperando che un domani bastino a ricostruire una persona in digitale. Un po’ Be Right Back e un po’ San Junipero, la vita eterna 2.0 è un business in fermento. Certo, restano dilemmi enormi: etici, filosofici, persino teologici. Ma questo non ha mai fermato il progresso tecnologico.

In fin dei conti, quanti di noi – dopo aver visto San Junipero – hanno pensato “lo farei anch’io, se esistesse davvero”? E quanti invece hanno intravisto nuovi pericoli nel confondere ricordi simulati e realtà? Come sempre, Black Mirror pone la domanda e la realtà ci costringe a cercare una risposta, magari prima di quanto avremmo voluto.

Conclusione: la realtà rincorre la distopia

Charlie Brooker, il creatore di Black Mirror, una volta scherzò dicendo di aver sospeso la serie perché “il mondo reale era diventato abbastanza cupo di suo”. Battuta amara, ma sempre più azzeccata. Ogni giorno leggiamo notizie che paiono uscite dal suo taccuino degli incubi futuribili. La realtà sta correndo pericolosamente vicina alla distopia immaginata in Black Mirror: i confini tra online e offline sfumano, affidiamo all’IA decisioni cruciali, giochiamo con la genetica e la memoria come fossero app sul telefono, e accettiamo di essere costantemente osservati (a volte perfino di buon grado, per una manciata di comodità in più).

La tecnologia, con il suo volto scintillante, ci seduce – ma dietro l’angolo c’è sempre un lato oscuro che aspetta. Black Mirror ci affascina proprio perché è uno specchio nero: riflette una versione distorta ma riconoscibile della nostra società tecnologica, facendoci chiedere fino a che punto possiamo spingerci prima di perdere la nostra umanità. Oggi quello specchio è meno distorto di ieri, e le visioni di Brooker assomigliano sempre più alle notizie tecnologiche del mattino. La domanda finale, provocatoria, sorge spontanea: siamo destinati a vivere in un episodio di Black Mirror senza nemmeno accorgercene?

Forse la risposta dipende da quanto sapremo guardare queste innovazioni con occhio critico e, all’occorrenza, dire di no al progresso “a qualunque costo”. In caso contrario, prepariamoci: il futuro potrebbe essere brillante come uno schermo ad altissima definizione, ma altrettanto freddo e spietato quanto lo specchio nero di un dispositivo in standby.

Fonti: episodi di Black Mirror citati e sviluppi tecnologici reali correlati: Nosedive e sistema di rating sociale a Suzhou; Arkangel e smartwatch Angel Watch per genitori; Hang the DJ e assistente AI di Bumble per dating; Be Right Back e chatbot Replika per “resuscitare” un amico + Alexa voice mimic; The Entire History of You e Neuralink (BCI) + AI legge immagini dal cervello; Metalhead e robot quadrupedi militari (Space Force) + api drone/RoboBees di Harvard; San Junipero e progetti di realtà virtuale post-mortem (Somnium Space).

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