Boom dei licenziamenti nel tech: è davvero colpa dell’intelligenza artificiale?

Negli ultimi mesi, le grandi aziende tecnologiche stanno tagliando migliaia di posti di lavoro. Microsoft, Booking.com, Autodesk, HP e molte altre hanno ridotto drasticamente il personale. E mentre si punta il dito contro l’intelligenza artificiale, la verità è molto più sfumata. È davvero ChatGPT a rubarci il lavoro? O siamo di fronte a una correzione naturale del mercato dopo anni di crescita sfrenata?
I numeri parlano chiaro: Microsoft ha annunciato profitti record per oltre 25 miliardi di dollari, eppure ha licenziato 6.000 dipendenti. Booking.com ha lasciato a casa il 10% dei suoi specialisti, Autodesk il 9%, HP il 5%. Intanto, le offerte di lavoro IT negli Stati Uniti sono crollate del 70% rispetto ai picchi massimi.
E non si tratta solo di crisi economica: molte aziende tech sono ancora in attivo. Quindi, cosa sta succedendo davvero?
Durante la pandemia, le aziende hanno assunto a ritmi folli per far fronte alla domanda digitale in esplosione. Tassi d’interesse bassi, investitori affamati di crescita e boom dell’economia digitale hanno portato a una vera e propria corsa all’assunzione. Ma ora il vento è cambiato.
Con l’aumento dei tassi e la pressione degli investitori, le imprese vogliono profitto vero. Ecco perché molte stanno sfoltendo i reparti troppo gonfiati, tagliando livelli intermedi e reinvestendo i fondi in data center, cloud e… sì, anche in AI. Ma non per sostituire le persone. Piuttosto, per aumentare la loro produttività.

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Se pensi che l’AI abbia già mandato a casa migliaia di lavoratori, ti sbagli. Le reti neurali sono ancora lontane dal sostituire specialisti senior. Sì, possono aiutare nei compiti più semplici, ma quando si tratta di affidabilità, precisione e contesto, gli esseri umani restano insostituibili.
Le prove? Starbucks, McDonald’s, Klarna e Duolingo hanno già sperimentato il lato oscuro dell’automazione: peggioramenti evidenti nell’esperienza utente, corsi pieni di errori, clienti confusi. L’intelligenza artificiale, da sola, non basta.
Il vero vantaggio dell’AI oggi è l’aumento della produttività, non la sostituzione. Le aziende che stanno ottenendo risultati concreti sono quelle che integrano l’intelligenza artificiale come strumento di supporto, non come rimpiazzo.
I licenziamenti nel settore tech, quindi, non sono la prova che l’AI sta prendendo il sopravvento, ma piuttosto che il mondo del lavoro si sta adattando a nuove priorità. Efficienza, sostenibilità, investimenti mirati: l’euforia dell’espansione post-Covid ha lasciato spazio a una fase di consolidamento.
Siamo davvero all’alba di un’era dominata dall’intelligenza artificiale? Forse sì, ma non è ancora oggi. Le aziende stanno semplicemente riorganizzando le forze, riducendo gli sprechi e preparandosi al futuro.
L’AI non sta rubando posti di lavoro in massa. Sta cambiando come lavoriamo. E se sapremo cavalcare questa transizione con equilibrio e visione, potrebbe essere l’occasione per costruire un mondo del lavoro più intelligente, efficiente e – perché no – umano.
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