Creato un dispositivo per dare ossigeno all’uomo nello spazio
La luce del sole e l’acqua sono elementi chiave per lo sviluppo scientifico. Funziona su Marte e Luna.
La Universidad di Warwick nel Regno Unito, l’Università di Brema in Germania e l’EPFL in Svizzera stanno conducendo uno studio sponsorizzato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) che cerca di sviluppare dispositivi in grado di imitare il processo di fotosintesi delle piante. L’obiettivo è quello di convertire la luce solare e l’acqua in ossigeno, e si è dimostrato che funzionerà sulla Luna e persino su Marte. Attualmente, l’elettrolisi è il metodo più comune per produrre ossigeno dall’acqua, ma questo processo richiede l’elettricità come fonte di energia.
“Acqua è stata rilevata sulla Luna e su Marte, quindi questo studio apre la strada allo sviluppo di un dispositivo alternativo che permetta ai futuri astronauti di respirare ossigeno fresco nelle missioni di esplorazione”, dice Brigitte Lamaze, ingegnere di controllo ambientale e supporto vitale dell’ESA.
In questo senso, vengono sviluppati dispositivi di fotosintesi artificiale, che utilizzano materiali semiconduttori rivestiti da catalizzatori metallici per convertire l’acqua e la luce solare in ossigeno, eliminando la necessità di elettricità come requisito per la produzione di ossigeno.
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Lamaze evidenzia che ci sono modi più efficienti e rispettosi dell’ambiente per ricreare le condizioni che danno vita all’atmosfera terrestre utilizzando le risorse disponibili. Queste nuove tecniche promettono di avvicinarsi al loro obiettivo di creare un ecosistema completo in un ambiente controllato.
Per ottimizzare il processo, si propone di utilizzare semplici specchi solari che possano concentrare la luce solare, il che migliorerebbe il loro sviluppo e consentirebbe di ottenere maggiori rendimenti nella produzione di ossigeno.
“Serviranno diversi anni di intensa ricerca prima che possiamo utilizzare questa tecnologia nello spazio, ma copiare i frammenti essenziali della fotosintesi della natura potrebbe darci alcuni vantaggi, e il nostro studio ha dimostrato che la teoria è solida”, dice Katharina Brinkert, membro del team di ricerca dell’Università di Warwick.
Inoltre, sottolinea che l’esplorazione spaziale dipende da fonti di energia rinnovabile, il che ha anche un valore diretto nella transizione energetica sulla Terra.
“Le conoscenze acquisite progettando e fabbricando dispositivi di fotosintesi artificiale potrebbero contribuire alla sfida dell’energia verde nel nostro pianeta e svolgere un ruolo chiave nel raggiungimento dei nostri obiettivi di sostenibilità sia sulla Terra che altrove”, conclude Katharina.
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