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Ferrari impone lo “status sociale”: il lusso diventa d’élite

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La Ferrari ha suscitato scalpore annunciando che non permetterà ai clienti di acquistare le proprie auto senza aver superato una verifica dei precedenti penali relativa al loro “status sociale“. Questa decisione ha sollevato molte domande, soprattutto in un momento in cui l’azienda si è recentemente impegnata a promuovere diversità, equità e inclusione (DEI).

In un post recente su X (ex Twitter), la Ferrari ha ufficialmente sottoscritto la nuova Carta per la Diversità e l’Inclusione, in collaborazione con la Formula 1 e la Federation Internationale de l’Automobile (FiA). “Promuovendo l’istruzione, eliminando i pregiudizi e garantendo la trasparenza, stiamo creando un settore più inclusivo”, ha dichiarato l’account ufficiale @Ferrari.

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Tuttavia, questa apparente contraddizione è stata sottolineata da Nick Sortor, podcaster e giornalista, che ha affermato che la Ferrari ha ceduto a una mentalità “woke”, predicando l’inclusività mentre impone controlli sui precedenti penali per determinare lo status sociale dei potenziali acquirenti. In un post sul suo account X, Sortor ha commentato: “Niente dice ‘inclusività’ come richiedere controlli per intere famiglie prima di permettere loro di acquistare le tue auto. Risparmiaci la tua ipocrisia e il tuo virtuosismo, @Ferrari.”

Secondo uno screenshot condiviso da Sortor, i potenziali acquirenti di Ferrari dovranno sottoporsi a controlli dei precedenti per garantire che corrispondano all’immagine desiderata del marchio. Il documento allegato, intitolato “Come superare un controllo dei precedenti”, specifica che il background familiare, lo stato sociale e altre affiliazioni potrebbero influenzare il processo di selezione. Inoltre, i criteri di valutazione potrebbero variare a seconda del modello di auto richiesto, e in alcuni casi, i candidati potrebbero essere inseriti in una lista d’attesa.

Questa nuova politica di Ferrari ha acceso un acceso dibattito sulla relazione tra lusso, inclusività e status sociale, lasciando molti a chiedersi se tali requisiti siano davvero in linea con l’obiettivo di creare un settore più inclusivo.

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