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Google sotto accusa: l’Intelligenza Artificiale distrugge il traffico dei siti indipendenti?

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Il giornalismo indipendente rischia il blackout digitale. Google spinge sempre più in alto le sue Panoramiche AI nei risultati di ricerca, lasciando fuori gli editori tradizionali. L’Europa insorge.

Il colosso di Mountain View è finito nel mirino dell’Independent Publishers Alliance (IPA), che il 30 giugno 2025 ha presentato un reclamo formale alla Commissione Europea. Il motivo? Le Panoramiche AI di Google, ovvero quei riassunti generati automaticamente in cima ai risultati di ricerca, starebbero sottraendo traffico, visibilità e introiti pubblicitari agli editori indipendenti. E senza possibilità di opporsi.

Il problema: meno clic, meno entrate, meno giornalismo

Secondo l’IPA, quasi il 70% delle ricerche non porta più a un clic sui siti d’informazione. Una percentuale in crescita rispetto al 56% del 2024. Questo significa che Google prende i contenuti, li rielabora con l’intelligenza artificiale e li mostra all’utente senza che questi abbia bisogno di cliccare su nulla.

In pratica, Google si appropria del lavoro giornalistico senza reindirizzare il traffico ai siti originali, prosciugando le fonti di guadagno degli editori. E da maggio 2025, il danno è doppio: nei box AI sono comparsi anche gli annunci pubblicitari, con profitti interamente incassati da Google.

“Google raccoglie i frutti del nostro giornalismo senza darci possibilità di opporci”, denuncia Rosa Curling di Foxglove Legal.

L’alternativa è uscire dai risultati?

Ecco la beffa: gli editori non possono nemmeno decidere se partecipare o meno. Per escludere i contenuti dalle Panoramiche AI, devono rimuoverli completamente dalla ricerca organica. Una scelta impossibile per chi vive di traffico online. Si tratta quindi di un classico “prendere o lasciare”, che secondo l’IPA viola i principi della concorrenza.

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Il potere monopolistico dell’intelligenza artificiale

Le origini delle Panoramiche AI risalgono ai primi esperimenti con i chatbot nel 2015. Da allora, Google ha investito miliardi per renderle centrali nella sua strategia, ma senza alcun accordo con chi produce i contenuti. E ora, con la pubblicità inserita nei box AI, il rischio è che Google trasformi il web in un recinto chiuso, dove tutto avviene dentro l’ecosistema del motore di ricerca.

Un rapporto di SimilarWeb mostra il lato più cupo di questa evoluzione: mentre Google incassa, i piccoli editori crollano, e con loro un intero ecosistema d’informazione che garantiva pluralismo e libertà di stampa.

La risposta dell’UE: regolamentare o arrendersi?

La Commissione Europea non si è ancora espressa, ma il Regno Unito ha già avviato un’indagine parallela. L’Autorità Garante inglese vuole etichettare Google come “operatore strategico”, passo che aprirebbe la strada a limitazioni concrete sulle sue pratiche di ricerca.

Da parte sua, Google minimizza. Sostiene che il calo del traffico sia dovuto a “preferenze degli utenti” o “cambiamenti stagionali”. Ma per i critici, si tratta di una strategia chiara per ridurre il web a un monologo, dove tutto passa da Google e nessuno può più competere.

Una battaglia cruciale per il futuro del web

Quello che è in gioco non è solo la sopravvivenza di testate locali o indipendenti, ma il diritto degli utenti a una rete libera, aperta e pluralista. Le Panoramiche AI, se non regolamentate, rischiano di uccidere il giornalismo basato sulla qualità e la verifica, in favore di sintesi algoritmiche spesso imprecise, talvolta pericolose.

Bruxelles dovrà decidere se vuole un’Europa digitale fatta di voci diverse, o un mondo in cui i contenuti esistono solo se approvati, sintetizzati e monetizzati da una singola azienda.

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