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Il chirurgo è un robot (e funziona): l’IA di Johns Hopkins ha appena fatto la storia

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Un robot chirurgico completamente autonomo ha appena completato una delle operazioni più complesse della medicina — e l’ha fatto da solo, senza alcun aiuto umano. È successo davvero. Mercoledì, i ricercatori della Johns Hopkins University hanno annunciato che SRT-H, una macchina alimentata da intelligenza artificiale, è riuscita a rimuovere la cistifellea da otto cadaveri di maiale in una procedura chirurgica articolata in 17 fasi, senza intervento umano diretto.

Per la prima volta, un robot è riuscito a fare qualcosa che, fino a ieri, era considerato esclusivo dominio del bisturi umano: adattarsi in tempo reale alle variazioni anatomiche, correggere eventuali errori e portare a termine una chirurgia completa. Il tutto documentato su Science Robotics, una delle riviste più autorevoli nel campo.

L’IA che guarda, impara… e opera

Come ci è riuscito? Semplice: ha studiato. Il robot SRT-H ha imparato attraverso centinaia di video e descrizioni testuali di interventi eseguiti da chirurghi esperti. Ha memorizzato ogni movimento, ogni decisione, ogni imprevisto, fino a imparare a riconoscere autonomamente dotti, arterie, tessuti da tagliare e strumenti da usare.

Durante i test, è stato messo alla prova in condizioni difficili: anatomie diverse, pozze di sangue simulate, partenza da angolazioni insolite. Eppure, nonostante tutto, il robot ha completato la procedura con una precisione del 100%. Certo, ci ha messo 5,3 minuti in media — un po’ più lento dei 4 minuti dei chirurghi in carne e ossa — ma il risultato è stato impeccabile.

Dalla chirurgia telecomandata all’autonomia completa

Oggi la chirurgia robotica è dominata da sistemi come il Da Vinci, uno strumento da 10 miliardi di dollari che però funziona solo se c’è un chirurgo umano ai comandi. La novità di SRT-H è che lavora da solo, come un drone chirurgico capace di prendere decisioni in tempo reale.

È un salto di paradigma, spiegano i ricercatori. “L’intelligenza artificiale non si limita più a eseguire: capisce, si adatta, corregge”, ha affermato il dott. Axel Krieger, responsabile del progetto. Il robot non ha bisogno di tessuti premarcati o di un copione da seguire. Sa riconoscere ciò che vede e decidere come agire.

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Una risposta alle disuguaglianze sanitarie?

L’impatto potrebbe essere enorme. Oggi, oltre il 40% della popolazione mondiale non ha accesso alla chirurgia di base, e solo nel 2024 sono stati eseguiti oltre 2,7 milioni di interventi robotici. In parallelo, negli Stati Uniti si stimano circa 80.000 morti ogni anno per errori chirurgici evitabili.

Robot autonomi come SRT-H potrebbero colmare queste lacune: portare la chirurgia nei luoghi dove mancano medici, ridurre gli errori umani, e rendere l’assistenza sanitaria più accessibile e uniforme.

Ma attenzione: i chirurghi non vanno in pensione (ancora)

Nonostante il traguardo, nessuno parla di sostituire completamente i chirurghi. SRT-H è ancora più lento, e siamo solo all’inizio della sperimentazione. Il prossimo passo sarà insegnargli interventi più complessi, come la rimozione di reni o operazioni intestinali. La strada è lunga, ma il primo passo è stato fatto.

Anche la fiducia del pubblico e le regolamentazioni sono aspetti cruciali. Chi si prenderà la responsabilità se qualcosa va storto? L’algoritmo? Il produttore? Il medico che ha avviato la procedura? Sono tutte domande che la sanità dovrà affrontare presto.

Il futuro: chirurgia umana + chirurgia robotica

In realtà, l’obiettivo non è eliminare i chirurghi, ma affiancarli. SRT-H può già essere corretto in tempo reale dalla voce di un medico, rendendolo una sorta di “co-pilota” in sala operatoria. Una macchina che esegue, ma che apprende continuamente. “È come avere un chirurgo IA”, spiega il ricercatore Ji Woong Kim, “che impara dall’esperienza e opera con la precisione di un computer”.

Un bisturi intelligente al servizio dell’umanità

In conclusione, il robot SRT-H non ha solo rimosso una cistifellea. Ha aperto una nuova era. Una chirurgia dove l’intelligenza artificiale non è più uno strumento passivo, ma un attore attivo e autonomo. Un’epoca in cui la tecnologia non solo migliora l’efficienza, ma potenzialmente salva vite dove oggi non si può nemmeno intervenire.

Certo, serve prudenza, rigore, test e trasparenza. Ma questa dimostrazione, dicono i ricercatori, mostra che non è più fantascienza: è già realtà.

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