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Il passaporto finisce nell’iPhone: salto nel futuro o passo verso la sorveglianza?

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All’ultimo WWDC, Apple ha svelato iOS 26 e una novità dal peso politico più che tecnologico: il passaporto digitale in Apple Wallet. Basterà una scansione al gate TSA per volare all’interno degli USA, senza estrarre il documento cartaceo.

Apple assicura che non sostituirà il passaporto fisico, ma lo affiancherà in “contesti selezionati”: controlli aeroportuali, check-in di hotel, app che chiedono la prova dell’età. Tutto protetto da Secure Enclave, Face ID e cifratura end-to-end. La Casa di Cupertino lo dipinge come l’ennesimo tassello di un ecosistema “frictionless”, dove pagamenti, navigazione e identità convivono nello stesso chip.

Il rovescio della medaglia: dall’autonomia fisica alla tracciabilità digitale

La narrativa di Apple è seducente: niente portafogli gonfi, niente code, niente plastica da mostrare. Ma privacy-advocate ed esperti di diritti digitali vedono un’altra storia: quella di un’identità che passa dalla nostra tasca a server e scanner.

“Mettere l’identità in un dispositivo è comodo, ma rischia di trasformare una scelta volontaria in un obbligo di fatto”, avverte Ken Macon (Reclaim the Net).
“Normale oggi, indispensabile domani: la linea è sottilissima”.

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Anche Alexis Hancock (EFF) punta il dito su un mondo “digital-first” che ignora chi non vuole legarsi a un dispositivo: batteria scarica, telefono rubato o semplicemente scelta personale. Senza parlare del potere che consegniamo a TSA & co., pronti a espandere le verifiche con la scusa dell’efficienza.

Una comodità che può diventare gabbia

  • Centralizzazione: se il telefono è la tua carta d’identità, perderlo significa restare senza volto legale.
  • Normalizzazione: più servizi accettano il passaporto digitale, più il documento fisico diventerà “strano”. L’obbligo de facto è dietro l’angolo.
  • Tracciamento: ogni scansione genera un log. Apple promette anonimato, ma i checkpoint no. Chi controlla quei dati?
  • Disparità: chi non può (o non vuole) un iPhone resta tagliato fuori da corsie veloci, agevolazioni e maybe-discount.

Cosa succede adesso?

Per ora la funzione debutta in autunno negli USA, limitata a “gate TSA selezionati”. Ma l’industria è rapida: compagnie aeree, hotel, persino bar e casinò faranno a gara per integrare le API di Apple. È qui che la sperimentazione diventa infrastruttura.

Se il futuro dell’identità è nel nostro smartphone, allora la domanda cambia: quanto siamo disposti a pagare – in dati, libertà e autonomia – per dieci secondi in meno di fila? Perché, come insegna la storia della tecnologia, una volta che la comodità prende piede, tornare indietro è quasi impossibile.

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