Meta: l’ambasciata americana risponde alla politica di incitamento all’odio

L’ambasciata russa a Washington lancia un’accusa durissima: Meta sta incentivando l’estremismo. Il colosso tecnologico, proprietario di Facebook e Instagram, è finito nel mirino di Mosca dopo aver annunciato un controverso aggiornamento delle sue politiche sui contenuti, che consentirebbe – a determinate condizioni – l’incitamento alla violenza contro i cittadini russi.
“Fermate Meta prima che sia troppo tardi”
In un tweet al vetriolo, l’ambasciata russa ha chiesto ufficialmente agli Stati Uniti di intervenire contro quella che definisce una ‘piattaforma estremista’:
“Chiediamo alle autorità americane di fermare le attività estremiste di Meta e di assicurare i responsabili alla giustizia. Gli utenti di Facebook e Instagram non hanno dato a Meta il diritto di decidere cosa è vero e mettere i popoli l’uno contro l’altro”.
Facebook giustifica l’odio contro i russi?
Tutto nasce da un comunicato di Meta, diffuso dal portavoce Andy Stone, in cui l’azienda dichiara di aver temporaneamente sospeso alcune regole contro il discorso d’odio, nel contesto della guerra in Ucraina:
“Abbiamo concesso espressioni politiche che normalmente violerebbero le nostre regole, come ‘morte agli invasori russi’. Tuttavia, non permetteremo minacce credibili contro civili russi.”
Il problema? Secondo quanto riportato da Reuters, questa deroga varrebbe in diversi Paesi, tra cui Ucraina, Russia, Polonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Ungheria e Romania.
Inoltre, Meta avrebbe autorizzato gli utenti a minacciare direttamente di morte il presidente russo Vladimir Putin e il bielorusso Alexander Lukashenko.
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L’indignazione monta. Daniel McAdams, del Ron Paul Institute for Peace and Prosperity, ha criticato duramente Meta:
“Queste piattaforme ora incoraggiano gli appelli alla violenza contro persone innocenti. Non stiamo progredendo come società, stiamo regredendo verso uno stato selvaggio.”
Una contraddizione evidente: dopo aver bannato Donald Trump per presunto incitamento all’odio durante l’assalto al Campidoglio, Meta oggi apre le porte a contenuti violenti contro un’intera nazione.
La domanda sorge spontanea: cosa è cambiato? La libertà d’espressione vale solo quando fa comodo?
Una nuova guerra dell’informazione
In un contesto già esplosivo, la decisione di Meta rischia di alimentare ancora di più le tensioni internazionali.
Accusata di parzialità, censura selettiva e propaganda politica, l’azienda si ritrova ora a gestire una crisi diplomatica e reputazionale senza precedenti.
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