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La Corte Suprema respinge l’appello di Facebook per il tracciamento degli utenti

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La Corte Suprema lunedì ha respinto un appello di Facebook per intervenire in una class action da 15 miliardi di dollari che accusa l’azienda di tracciare illegalmente le attività online dei suoi utenti anche quando non sono sulla piattaforma.

Sembra che Facebook abbia fatto l’abbonamento nei tribunali di tutto il mondo. Dopo innumerevoli multe ricevute anche in Italia, il social network più celebre e più discusso del mondo, subisce un altro duro colpo direttamente dalla Corte Suprema.

Il gigante dei social media è accusato di aver violato una legge federale nota come Wiretap Act perché la società ha segretamente tracciato gli utenti sui siti web che utilizzano strumenti di Facebook, come il tasto “Mi piace”.

La class-action a livello nazionale è stata presentata da quattro individui in un tribunale federale della California, chiedendo 15 miliardi di dollari di danni per le azioni di Facebook tra aprile 2010 e settembre 2011. Il rifiuto della Corte Suprema dell’appello di Facebook significa che la causa può ora continuare.

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“I profili utente di Facebook rivelerebbero presumibilmente i gusti, le antipatie, gli interessi e le abitudini di un individuo per un periodo di tempo significativo, senza offrire agli utenti un’opportunità significativa di controllare o prevenire l’esplorazione non autorizzata della loro vita privata”, ha detto la Corte d’Appello del 9° Circuito degli Stati Uniti in una sentenza per rilanciare la causa nel 2020.

Facebook ha detto che ha mantenuto gli standard di privacy e non dovrebbe essere penalizzato per le comunicazioni quotidiane online a cui partecipano gli utenti. Il caso è incentrato sull’uso da parte di Facebook di strumenti “plug-in”, come il “tasto di condivisione” che molti siti web di terze parti sfruttano, ma che permettono anche a Facebook di tracciare l’attività online degli utenti. I querelanti accusano Facebook di raccogliere questi dati ingiustamente e di venderli agli inserzionisti per profitto.

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Facebook sostiene che i dati degli utenti non sono stati raccolti in modo sleale e che vengono utilizzati per mostrare agli utenti contenuti migliori e annunci più mirati sulla sua piattaforma.

“Facebook non era un intruso non invitato in una comunicazione tra due parti separate; era un partecipante diretto”, ha detto il gigante tecnologico in un documento legale.

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