La versione spagnola dell’app “IMMUNI” accusata di violazione della privacy
Sono ben 8 le leggi infrante dall’app di tracciamento per la prevenzione anti COVID-19. Che questo caso sia da esempio nel resto d’Europa?
L’app spagnola Radar COVID, destinata al tracciamento digitale dei contagi da coronavirus, è stata fonte di polemiche fin dall’inizio, quando, al culmine della pandemia nel 2020, il governo ha incaricato Indra di svilupparla. Generava sfiducia tra i cittadini, evidenziava la totale mancanza di coordinamento tra le pubbliche amministrazioni e si comprendeva subito che la sua utilità era molto limitata: non c’era modo di notificare la positività al virus e non si ricevevano segnalazioni di contatti a rischio.
Lo sviluppo, la manutenzione e la promozione è costato ben 4,2 milioni di euro. Poiché l’app è riuscita a registrare solo l’1% dei contagi da COVID-19 avvenuti in Spagna (121.390 positivi), dividendo il suo costo per il numero di casi che ha registrato, ciascuno cittadino è costato 35 euro.
L’app non ha impedito molte infezioni, ma eviterà di pagare per le tue violazioni del GDPR
Nonostante il contratto di manutenzione con l’azienda che ha realizzato l’app non verrà rinnovato e Radar COVID sia sta abbandonata dall’Amministrazione, le conseguenze legali dell’app non hanno abbandonato l’Amministrazione…
È notizia di poche ore fa che l’AEPD (Agenzia Spagnola per la Protezione dei Dati) ha pubblicato un fascicolo disciplinare contro il Segretario di Stato per la Digitalizzazione e l’Intelligenza Artificiale (l’ente governativo che ha firmato il contratto con Indra) per aver violato fino a 8 articoli del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati a causa di Radar COVID.
Traduzione:
L’AEPD chiarisce che, pur essendo consapevole della “situazione straordinaria e di emergenza” generata dalla pandemia, e che “il diritto alla protezione dei dati personali non può essere un ostacolo ai progressi tecnologici per combattere la pandemia”, queste evidenti violazioni del regolamento continuano ad essere motivo di sanzione.
Tale accusa, però, è solo un “avvertimento”, senza alcuna sanzione economica, ma che non dovrebbe servire a valutare la gravità dell’azione del Governo: è solo una conseguenza del fatto che la Legge sulla Protezione dei Dati Personali e il RGPD non contempla sanzioni pecuniarie quando la violazione è commessa da una pubblica amministrazione.
Chissà se anche in Italia faranno la stessa cosa per l’app IMMUNI.
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