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Neuralink: problemi con il chip impiantato nel primo paziente

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A soli tre mesi dal primo impianto di un chip Neuralink nel cervello di un essere umano, la startup di Elon Musk ha dovuto affrontare i primi seri problemi tecnici con la sua tecnologia innovativa.

Il paziente in questione, Noland Arbaugh, un uomo di 29 anni, è stato il primo nella storia a sottoporsi all’impianto del dispositivo sviluppato da Neuralink. Purtroppo, a cento giorni dall’intervento, l’azienda ha dovuto ammettere che parte dell’impianto cerebrale non stava funzionando correttamente, richiedendo un urgente aggiornamento del software.

Nelle settimane successive, diversi elettrodi impiantati nel cervello di Arbaugh hanno dovuto essere rimossi, poiché si è scoperto che la loro efficienza non era all’altezza delle aspettative di Neuralink. Gli ingegneri avevano precedentemente affermato che ottimizzando il software sarebbe stato possibile aumentare la velocità di elaborazione del chip, ma questo non si è rivelato sufficiente.

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Meno di 24 ore dopo, l’azienda ha dovuto installare una nuova versione del software per correggere ulteriori vulnerabilità del dispositivo. Si è infatti scoperto che alcuni degli elettrodi impiantati avevano perso il contatto con il cervello, causando una diminuzione della precisione nel rilevamento degli impulsi neurali.

La causa esatta di questo problema di connettività è ancora sconosciuta, ma gli esperti di Neuralink ipotizzano che possa essere dovuta al naturale movimento dell’organo all’interno del cranio. Se confermato, ciò potrebbe richiedere un ripensamento della strategia di impianto, con l’inserimento del chip direttamente nel cervello anziché nel cranio.

Questo primo caso clinico rappresenta sicuramente una battuta d’arresto per le ambizioni di Neuralink, che mira a sviluppare interfacce cervello-computer all’avanguardia. Tuttavia, l’azienda sembra determinata a risolvere rapidamente queste criticità iniziali per portare avanti il suo rivoluzionario progetto.

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