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Pirateria online, la MPA alza la voce: “Serve blocco automatico in tempo reale e regole più dure per VPN e CDN”

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La lotta alla pirateria online entra in una nuova fase. La Motion Picture Association (MPA) – che rappresenta colossi come Netflix, Disney e Warner Bros. – ha inviato un messaggio forte e chiaro alla Commissione Europea: il blocco dei siti pirata deve essere automatico, dinamico e in tempo reale. E non solo: anche VPN, CDN, proxy e motori di ricerca devono essere coinvolti attivamente nel contrasto alla pirateria.

Tutto parte da un’indagine lanciata da Bruxelles per valutare l’efficacia della raccomandazione anti-pirateria pubblicata nel 2023, pensata per combattere lo streaming illegale di eventi sportivi e trasmissioni live. Dopo oltre due anni, l’UE ha chiesto ai principali stakeholder di esprimersi sull’efficacia delle misure adottate. E la MPA non ha perso l’occasione per spingere su un punto: servono strumenti più veloci, più intelligenti e più condivisi.

Il problema? Le leggi ci sono, ma non ovunque funzionano

L’MPA riconosce i progressi normativi dell’Unione, ma denuncia un’applicazione disomogenea tra i vari Stati membri. In Germania, Polonia e Bulgaria, ad esempio, il blocco dei siti pirata è ancora troppo lento, complicato o inesistente, e spesso vincolato a procedimenti legali preliminari. Un processo troppo macchinoso in un contesto in cui i pirati cambiano dominio nel giro di poche ore.

“I pirati si adattano in tempo reale. Anche i blocchi devono farlo”, afferma la MPA.

Blocco in tempo reale: la chiave per salvare i contenuti live

Nel mirino dell’MPA ci sono soprattutto i contenuti in diretta, come gli eventi sportivi, che hanno una finestra temporale limitata. Se la diretta finisce prima che il blocco venga attivato, il danno è fatto.

La soluzione proposta è chiara: blocchi automatizzati in tempo reale, in grado di aggiornarsi istantaneamente con nuovi domini segnalati. Paesi come Italia, Grecia e Portogallo hanno già implementato sistemi simili con ottimi risultati. Ora è il momento che tutta l’Europa segua l’esempio.

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VPN, CDN e motori di ricerca nel mirino

Secondo la MPA, non basta coinvolgere solo i provider Internet. Per bloccare efficacemente i flussi pirata, vanno coinvolti anche intermediari tecnici come:

  • CDN (Content Delivery Network), tipo Cloudflare
  • VPN, usate per eludere i blocchi geografici
  • Reverse proxy e hosting provider, che nascondono i veri responsabili
  • Motori di ricerca, che spesso continuano a indicizzare link illegali

Non coinvolgere questi attori, dice la MPA, mina l’efficacia di qualsiasi ingiunzione, rendendo i blocchi facilmente aggirabili.

Know Your Business Customer: una regola per tutti

Un altro punto centrale è l’estensione del principio KYBC (Know Your Business Customer). Oggi si applica solo ai marketplace online, ma secondo l’MPA dovrebbe valere anche per VPN, CDN, hosting provider e altri intermediari. Questo permetterebbe di identificare e colpire con più precisione i veri responsabili dietro i siti pirata.

“Basta scappatoie. Ogni fornitore deve sapere chi sono i suoi clienti e cosa fanno.”

L’appello è corale

La MPA non è sola in questa battaglia. DAZN, MFE-MediaForEurope (Mediaset) e altre realtà del mondo audiovisivo chiedono a gran voce lo stesso: misure più rapide, vincolanti e realmente efficaci. Tutti concordano sul fatto che l’Europa si stia muovendo nella giusta direzione, ma è ora di passare dalle raccomandazioni ai fatti.

La Commissione Europea ora ha il compito di valutare i feedback ricevuti. Ma il messaggio dei titolari dei diritti è inequivocabile: la pirateria è veloce, sofisticata e globale. Per fermarla servono regole comuni, strumenti tecnologici avanzati e la collaborazione di tutti gli attori coinvolti.

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