Twitter citato in giudizio da una vittima di pedopornografia

Scandalo negli Stati Uniti: la piattaforma avrebbe rifiutato di rimuovere i contenuti, sostenendo che “non violavano le regole”
Twitter è stato trascinato in tribunale da un adolescente della Florida, vittima di un ricatto sessuale iniziato quando aveva appena 13 anni. Il ragazzo, oggi diciassettenne e identificato nella causa federale solo come “John Doe”, accusa la piattaforma di aver permesso la diffusione di materiale pedopornografico anche dopo ripetute segnalazioni.
L’incubo comincia con una trappola online
Secondo quanto riportato dal National File, la vittima è stata contattata da predatori sessuali online che si fingevano una sedicenne. Dopo averlo convinto a inviare immagini intime, hanno cominciato a ricattarlo minacciando di inviare il materiale a genitori, insegnanti, coach e persino al pastore se non avesse continuato a fornire altri contenuti.
Inizialmente il ragazzo ha ceduto alla pressione. Poi è riuscito a bloccare gli account. Ma nel 2019, parte di quel materiale è stato pubblicato su Twitter da due profili noti per diffondere contenuti pedopornografici.
Twitter ha ignorato le segnalazioni
Il ragazzo – allora ancora minorenne – ha segnalato i contenuti almeno tre volte. La risposta?
“Abbiamo esaminato il contenuto e non risulta violare le nostre policy.”
Una frase che ha scatenato l’indignazione: secondo la causa legale, Twitter ha permesso che il materiale rimanesse pubblico per giorni, nonostante contenesse esplicitamente immagini di abusi su minori.
La denuncia
Il team legale di John Doe ha presentato una causa federale in California, sostenendo che la piattaforma abbia deliberatamente ignorato i contenuti per proteggere l’interazione e l’engagement degli utenti. La denuncia afferma che la piattaforma:
- Ha violato la legge federale sul materiale pedopornografico
- Ha ignorato le proprie policy sui contenuti sessualmente espliciti
- Ha scelto di non agire per interesse aziendale, mettendo l’immagine del brand sopra la sicurezza degli utenti
Un’accusa devastante
“Stiamo parlando di un bambino vittima di ricatto e abuso, che ha fatto tutto il possibile per chiedere aiuto. E la risposta è stata: ‘non è contro le regole’”, ha dichiarato un membro del team legale.
Il caso ha acceso i riflettori su una questione gravissima: le grandi piattaforme digitali proteggono davvero i minori?
O stanno mettendo al primo posto la crescita degli utenti a tutti i costi, anche a discapito della dignità umana?
La battaglia legale è solo all’inizio
La famiglia del ragazzo chiede danni non specificati e una revisione completa delle policy di Twitter. Intanto, l’opinione pubblica si divide tra chi difende la responsabilità legale delle piattaforme e chi ritiene che debbano esserci meccanismi più severi di controllo e verifica.
Ma una cosa è certa: un algoritmo non può decidere cosa è abuso e cosa no. Serve umanità, serve responsabilità. E in questo caso, Twitter – secondo la denuncia – ha fallito su entrambi i fronti.
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