Meta scommette sul nucleare per alimentare l’IA: energia pulita o rischio calcolato?

Nel disperato tentativo di garantire energia pulita e costante per sostenere l’espansione della sua intelligenza artificiale, Meta ha firmato un accordo ventennale con Constellation Energy per aumentare la produzione della centrale nucleare Clinton, in Illinois. L’intesa, annunciata martedì, evidenzia una verità scomoda: le big tech hanno bisogno di sempre più energia, e la corsa all’AI sta mettendo a dura prova le promesse “verdi” del settore.
Con questo passo, Meta si unisce a Microsoft, Google e Amazon nel riabilitare l’energia nucleare come soluzione “pulita” e strategica per alimentare data center sempre più affamati di potenza computazionale. Una corsa che sta trasformando il nucleare da tabù energetico a risorsa-chiave, con tutte le contraddizioni del caso.
Una centrale salvata dalla chiusura grazie all’IA
La centrale di Clinton, un tempo a rischio chiusura, era stata salvata grazie al Future Energy Jobs Act dell’Illinois. Ora, grazie all’accordo con Meta, l’impianto produrrà 30 megawatt aggiuntivi, sufficienti per alimentare una piccola città, conservando 1.100 posti di lavoro e generando 13,5 milioni di dollari l’anno in tasse locali.
“Per portare avanti la nostra visione sull’AI, abbiamo bisogno di energia affidabile e pulita,” ha dichiarato Urvi Parekh, responsabile globale energia di Meta. Ma cosa c’è davvero dietro questa “scelta pulita”?
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Meta non è sola in questa svolta strategica:
- Microsoft punta a riaprire il famigerato impianto di Three Mile Island entro il 2028 per alimentare le sue operazioni AI 24/7 con energia a zero emissioni.
- Google investe in reattori modulari di nuova generazione attraverso la startup Kairos Power.
- Amazon scommette su reattori avanzati e fusione nucleare, tramite il suo Climate Pledge Fund.
La narrazione è chiara: le big tech vogliono soluzioni “verdi”, ma anche stabili e potenti. E il nucleare — nonostante i suoi rischi e costi — sembra la carta jolly perfetta.
Ma a quale prezzo?
Dietro l’entusiasmo tecnologico si nascondono enormi problemi logistici e di sicurezza. Gli Stati Uniti hanno costruito solo due nuovi reattori in 50 anni, entrambi afflitti da ritardi e costi fuori controllo. E rilanciare impianti obsoleti come Three Mile Island — teatro del peggior incidente nucleare civile USA — non cancella le paure di un tempo.
Il vero rischio? Dirottare risorse da fonti davvero rinnovabili (come solare ed eolico) verso un’energia ancora controversa. E intanto, le infrastrutture elettriche del Paese — a detta degli esperti — non sono pronte a sostenere il carico energetico dell’AI.
Energia, l’altra guerra dell’AI
Il boom dell’intelligenza artificiale ha un costo nascosto: il consumo energetico fuori scala. Alimentare una sola operazione AI può richiedere l’energia di centinaia di abitazioni. E se la corsa all’innovazione non si ferma, anche quella all’energia diventa spietata.
L’accordo di Meta rappresenta una scommessa a lungo termine su stabilità e potenza, ma pone una domanda fondamentale: il nucleare può davvero tenere il passo con la crescita esponenziale della tecnologia?
Conclusione
Nel nuovo scenario globale, l’energia è la valuta dell’intelligenza artificiale. E mentre le aziende tech si sfidano per la supremazia algoritmica, è chiaro che la vera battaglia si combatte sulla griglia elettrica.
Meta punta sul nucleare per restare in corsa. Ma tra rischi, costi e scelte strategiche, la domanda resta aperta: chi pagherà il prezzo di questa rivoluzione energetica?
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