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Piracy Shield accusato aver violato le leggi europee

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Il Piracy Shield, il sistema antipirateria gestito dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), continua a suscitare dibattiti accesi in Italia e in Europa. Questa iniziativa è stata progettata per contrastare la pirateria informatica, concentrandosi in particolare sulla trasmissione illegale di eventi sportivi, come le partite di calcio. Recentemente, una lettera della Computer & Communications Industry Association (CCIA), un’organizzazione internazionale no-profit che annovera tra i suoi membri aziende del calibro di Apple, Intel, Amazon e Google, ha messo in luce le numerose criticità di questo sistema. La lettera è stata firmata dalla parlamentare europea Mathilde Adjutor e da Claudia Canelles Quaroni.

Attraverso il Piracy Shield, i titolari di contenuti protetti da diritto d’autore possono segnalare domini sospettati di distribuire materiale piratato all’AGCOM. Quest’ultima ha il compito di ordinare agli internet service provider (ISP) di inibire l’accesso a questi siti per gli utenti, il tutto entro un lasso di tempo di 30 minuti. Sebbene l’obiettivo sia nobile—tutelare il diritto d’autore e ridurre la pirateria—il sistema presenta gravi problematiche legate ai blocchi a livello di IP e DNS, che possono anche colpire le VPN, servizi essenziali per la libertà di espressione.

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La CCIA ha sottolineato le lacune nel meccanismo di ricorso del Piracy Shield. Questo meccanismo può impedire la difesa dei domini o degli IP bloccati erroneamente. Inoltre, sono emerse preoccupazioni sulla trasparenza del sistema, dato che è stato sviluppato da un’azienda affiliata alla Lega di Serie A, una delle poche entità autorizzate a inviare segnalazioni. Ciò solleva interrogativi su potenziali conflitti di interesse.

La finestra di 30 minuti per l’implementazione dei blocchi è vista come estremamente limitante. Infatti, una verifica superficiale può portare al blocco di siti del tutto leciti. Ad esempio, il 20 ottobre 2024, Google Drive è stato bloccato in Italia per circa 3 ore, causando disagi significativi alla produttività di molti utenti. Inoltre, dopo circa 12 ore, il 13,5% degli utenti era ancora impossibilitato ad accedere a Google Drive a livello di IP, mentre il 3% lo era a livello di DNS.

Sebbene il Piracy Shield abbia l’intento di proteggere il diritto d’autore, presenta una serie di problematiche che meritano un’attenta riflessione. Le critiche sollevate dalla CCIA e le esperienze degli utenti evidenziano la necessità di un approccio più equilibrato. Questo approccio dovrebbe tutelare sia i diritti dei titolari di contenuti che la libertà di espressione degli utenti. In conclusione, la questione del Piracy Shield è destinata a rimanere al centro del dibattito pubblico, nella speranza di trovare soluzioni più efficaci e giuste per tutti.

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